domenica 24 agosto 2008

RESOCONTO COMPLETO DEL VESPAVIAGGIO IN AUSTRIA E GERMANIA.

Giorno 1
Il ritrovo per la partenza è fissato per le ore 8 davanti al municipio di Mira. Alla spicciolata arriviamo tutti, una manciata di minuti vanno dedicati a fissare alla meno peggio i bagagli alle nostre cavalcature, alla distribuzione delle ricetrasmittenti e alla sistemazione degli auricolari nei caschi, nonchè al primo briefing sul tracciato. È una calda giornata, qualche cumulo nel cielo non impedisce di lasciar intendere di essere in piena estate. Accensione, prima ingranata e via.

Il divertimento vero e proprio inizierà dal bellunese in poi, a qualche decina di chilometri di distanza. Per superare velocemente e senza noie questo primo tratto di strada di scarso interesse e dai molti pericoli, optiamo per l’autostrada. La tangenziale di Mestre e la A27 scivolano velocemente dietro di noi, a Vittorio Veneto inizia l’attacco al muro alpino, ed il gruppo temporaneamente si divide. Alle vespe aspetta una rampa in salita fino a Cortina d’Ampezzo, così le moto prendono una variante più tecnica e divertente.
Dopo l’uscita dell’autostrada, attraversiamo Fadalto e Longarone attraverso un bel misto veloce immerso nella valle, trovando l’unica cosa che disturba esteticamente il bel paesaggio nei grandi viadotti autostradali sopra di noi. Entriamo nella stretta val Zoldana, un susseguirsi di curve adagiate su un fianco della montagna, per poi oltrepassare in scioltezza le piste di Palafavera, il passo Staulanza seguito dal divertente passo Giau. Da qui inizia la discesa verso Cortina, attraverso un bel bosco. L’importanza sociale di Cortina è ridotta fino ad essere da noi considerata un mero way – point, quindi tiriamo dritti in direzione Misurina, ed è proprio sull’omonimo lago che il gruppo si ricompone. Ormai si è fatta l’una passata, ed un pranzo proprio in riva al lago ci fa respirare l’atmosfera di quest’avventura nella quale ormai siamo calati fino in fondo. Le nuvole ora si sono fatte più dense e coprono il cielo. Rimettiamo in moto e partiamo.
Sfilano accanto a noi le Tre Cime di Lavaredo, nella discesa che ci porterà a sbucare a Dobbiaco, prendendo una valle che pare incantata che ci condurrà, attraverso la frontiera, dritti fino a Lienz. Da qui, inizia l’attacco verso la prima delle mete ambite di questo viaggio: il ghiacciaio del Grossglockner, a quota oltre 2400 metri. Il termine ultimo è fissato per le sei, orario entro il quale dovremo aver passato la barriera, pena la chiusura della strada. Lasciata alle spalle Heiligenblut, risaliamo la fiancata di una vallata dalla bellezza mozzafiato, larga ma spigolosa e color smeraldo, e con largo anticipo giungiamo al cancello d’ingresso di uno dei più bei tratti di strada per i motociclisti che esista. Qui scopriamo che in questa stagione la chiusura è spostata alle 9 e mezza, ma l’entusiasmo è comunque tanto. Sganciati 18 euro (ladri!) per il pedaggio, il ritmo si fa più rilassato, e continuamente ci fermiamo per ammirare le bellezza della valle, le cascate che periodicamente costeggiano la strada dal lato della montagna, finchè verso le 5 e mezza giungiamo alla Glocknerhaus, ultimo avamposto prima della cima del ghiacciaio.
Il cielo, fin qui sul variabile, si copre gradualmente, e verso il tramonto inizia a cadere qualche goccia di pioviggine, che per fortuna non tocca le nostre moto al sicuro sotto la veranda. Ma nel frattempo noi ci stiamo godendo la cena, nonché le prime disapprovazioni conseguenti ai gusti difficili del Rada; la situazione viene resa ulteriormente più complicata a causa della scarsa dimestichezza con l’inglese di quest’ultimo, nonchè dal menu che riporta cibarie a noi sconosciute, e che porterà a scelte non proprio azzeccate. Celebri nel corso del giro diventeranno le sue frasi del tipo “Domandaghe de cossa xe fato” e “Domandaghe se lo fa lori in casa”. La serata si conclude con un’amichevole partita a carte.

Giorno 2
La mattina, ci alziamo di buon’ora: Monaco ci attende, ma anche la visita al ghiacciaio. In sella alle moto, percorriamo gli ultimi chilometri fino al punto panoramico più alto. Da qui il Grossglockner manifesta tutto il suo splendore: un enorme manto ghiacciato che dalle cime innevate delle montagne più alte scende lungo la valle, terminando in un laghetto circondato da distese di sassi e ghiaia trascinati dalla sua forza nei secoli. Un tempo, si vede dalle foto, tutta la valle era riempita di ghiaccio, e ad un esame più attento sui fianchi delle montagne permangono i solchi scavati dall’antico profilo del ghiacciaio. Nello stato attuale, non incute timore negli escursionisti che, grandi come formiche laggiù in fondo alla valle, lo percorrono a piedi.
Verso le 9 arrivano i primi turisti, e per noi giunge ora di ripartire. La “Grossglockner strasse” sale ancora, fino a quota 2500, per poi infilarsi in un tunnel attraverso la cima della montagna. Contemporaneamente entriamo in una nuvola, e la temperatura, già in caduta libera, precipita ulteriormente fino a 7 gradi. Questa bella atmosfera surreale impone qualche foto subito dopo il tunnel, immersi nella nebbia e nel nulla. Scendendo, la nuvola non accenna a finire, l’umidità si trasforma in gocce vere e proprie e siamo bagnati fradici. L’antipiogga è ora d’obbligo. Quasi 20 chilometri di tornanti e nebbia dopo, usciamo dalla nube e varchiamo la barriera d’uscita, e dopo pochi chilometri ancora, la pioggia cessa. Tutto il versante nord del Grossglockner, considerato paesaggisticamente il più bello, è andato perduto, avvolto com’è da una fredda e densa coltre che non permetteva di vedere oltre i 50 metri. Con amarezza nel cuore per questo fattaccio, riprendiamo la via per Monaco. Sbucati a Bruck, prendiamo un’altra vallata fino a Mittersill, dove iniziamo a puntare di nuovo a Nord verso la Germania. A Kitzbuhel, dopo qualche “vasca” lungo il suo grazioso centro, ci fermiamo per il pranzo. Il meteo è ormai di nuovo sereno ed il caldo estivo è tornato.
Dopo qualche saliscendi, ci lasciamo definitivamente alle spalle l’arco alpino ed entriamo in Baviera. Qui le abitazioni sono decisamente meno tirolesi che in Austria. Dalle parti di Rosenheim, a solo 60 km dalla meta, le mappe cartacee del nostro organizzatore iniziano a mostrare qualche pecca, facendoci smarrire nell’intricato labirinto di autobahn che percorrono la Germania. Oltretutto non aiuta il fatto che sono prive di pedaggio, e si prendono con la stessa facilità di una normale tangenziale italiana. A questo punto, Reve chiama in aiuto me ed il mio navigatore, e tra un gradevole alternarsi di boschi, campagna e leggera collina, con gamme di colori dal verde smeraldo al giallo granturco al marroncino, intramezzati da una gara clandestina ingaggiata dal Rada contro l’auto della polizia locale, in quanto scambiata per il solito bullo di turno, conduco la carovana, guidato dagli occhi elettronici dei satelliti Navstar, a varcare le porte di Monaco ed a giungere fin sotto l’albergo. Fieri ed orgogliosi della meta raggiunta, parcheggiamo le nostre moto nel parcheggio interno dell’albergo, per prendere possesso delle stanze e riprenderci un po’.
La sera si impone una cena in un locale tipico, ovvero una gigantesca birreria, che in pratica occupa un intero palazzo in stile ottocentesco, piena di tavolate, boccali di birra e di gente che beve ed urla, fino a perdita d’occhio. Individuato un punto ove la nostra incolumità fosse sufficientemente salvaguardata, lungo un piccolo terrazzo che dava sul grande giardino interno anch’esso stracolmo di ogni peggio cosa legata al mondo della birra, ci abbuffiamo di stinco di maiale e canederli di patate. Ovviamente il Rada inizia ad andare in panico, e dopo venti minuti di trattative, riesce a farsi portare qualche pietanza del quale ovviamente non sarà del tutto soddisfatto. Dopo cena, un gelato ci sta tutto, così come una passeggiata per il centro, coi suoi gradevoli palazzi e locali tipici, a metà tra il gotico ed il tirolese.

Giorno 3
Giornata dedicata a visitare Monaco, incoraggiata dal meteo perfetto. Ma in realtà di Monaco non ce ne fregava quasi nulla: era la soddisfazione di essere arrivati fin li in vespa, o in moto, a fare la differenza. Così, ci siamo limitati a girare a zonzo facendo i turisti per caso. Il centro, qualche chiesa, il pranzo in un Burger King, caffè alla stazione dei treni, un tour panoramico della città su autobus scoperto, ed ovviamente…bellezze locali. Unico punto in cui ci siamo soffermati, lo stabilimento della BMW, che ha da poco aperto un enorme palazzo in stile ultramoderno che al suo interno è a metà strada tra un enorme autosalone ed un parco divertimenti.
Alla sera, cena come il giorno precedente, questa volta in un’altra birreria un po’ più piccola e discreta. Tutto il gruppo si è poi concesso un po’ di tempo all’interno di un locale dai gusti invitanti vicino al nostro albergo. :)

Giorno 4
Tappa di trasferimento che ci riporterà dritti in Italia. Riattraversata l’affascinante Baviera, lungo la quale ci concediamo qualche foto particolarmente significativa, entriamo in una vallata che ci accompagna nel nostro ingresso in Austria. La strada presenta qualche pendenza ma mai impegnativa, ad eccezione di un punto dopo Scharnitz, dove la valle si attacca ad un’altra e dove la strada si allarga ed inizia a puntare pericolosamente verso il centro della terra fino a raggiungere il 16% si pendenza. Ovviamente, per renderla ancora più rischiosa, non è affatto dritta ma piena di curvoni. Per scongiurare una strage nel caso qualche mezzo pesante sperimentasse un cedimento catastrofico dei freni, sui lati della strada sono addirittura predisposte delle rampe in salita lungo il pendio e ricoperte di sabbia. Qui iniziamo ad accorgerci che la saggezza di Lele dimostrata durante il viaggio fin qui, di colpo svanisce quando gli si presenta davanti una discesa: dotata com’è la sua vespa di pneumatici col profilo da moderno scooter, si lancia ad incredibile velocità esibendosi in pieghe allucinanti da far quasi strisciare la pedivella di avviamento a terra, e riesce a tenere andature da vera moto; i freni sono oggetti a lui sconosciuti, anche perché comunque, nel caso della sua vespa, dotati di efficacia particolarmente scarsa. Terminato questo folle tuffo degno di un ottovolante, nuovamente siamo guidati in direzione sbagliata verso Innsbruck, lungo quella che poi diventerebbe l’autostrada del Brennero. Ovviamente contrariati di questo possibile rientro anticipato, chiamiamo in causa nuovamente me col mio navigatore, che li riporto sulla retta via. Seguendo la valle, giungiamo ad Imst, dove sostiamo per il pranzo.
Riprendiamo poi lungo la valle, diretti verso il confine con l’Italia. La valle inizia a stringersi, ed il cielo a coprirsi diventando sempre più scuro. Quando ormai mancano pochi chilometri alla frontiera sentiamo tuonare, a quel punto si impone l’equipaggiamento antipioggia. Noi con le moto optiamo per la fuga, toglierci dal temporale al più presto, e partiamo decisi alla volta del passo Resia. Poco prima della cima di esso, le prime gocce. La magnifica vista del lago è rovinata dall’atmosfera grigia ed umida, ma vogliamo comunque concederci una sosta ad ammirare il tristemente celebre campanile sommerso. Non passano che pochi minuti e la pioggia si fa decisamente più insistente, così ripartiamo verso il sereno che già si intravedeva verso il fondovalle. La fuga ha successo, dopo pochi minuti la pioggia cessa, e riusciamo a goderci all’asciutto gli ampi curvoni panoramici della val Venosta, e passiamo vicino a due enormi ed affascinanti generatori eolici. A Spondigna svoltiamo a destra ed aspettiamo i vespisti, dopodiché ripartiamo tutti insieme verso il nostro ultimo grande traguardo: il passo dello Stelvio. L’ora è tarda, e l’impresa è difatti prevista per il giorno successivo.
Arriviamo a Trafoi per il pernotto, ultimo paese prima della grande salita. Posate le moto e sistematici in camera, il cielo si copre anche qui e piove sporadicamente. Se il giorno dopo il passo fosse stato chiuso dalle nubi e dal maltempo, saremo stati costretti a rinunciare all’impresa, per cui tutti pregavamo per una bella giornata. La cena, in un vicino ristorante convenzionato, pare finalmente più familiare, ed anche per il Rada diviene leggermente meno problematica. La serata si conclude con dei controlli meccanici all’aperto effettuati sulle vespe e quattro risate in compagnia.

Giorno 5
Le nostre preghiere sono state ascoltate, poiché al risveglio il cielo è quasi del tutto sgombro da nubi. Decidiamo così di partire di buon’ora prima che si posa richiudere. Per me ed il mio collega motociclista sono 48 tornanti di autentico godimento (in realtà 46 perché Trafoi è dopo i primi due), tutti in prima e seconda, mentre la vegetazione boschiva progressivamente sparisce fino a che alla cima, oltre quota 2700, non restano che rocce e un poco di erba. In cima al passo c’è un vero e proprio avamposto turistico, con decine di negozi, albergo e scuola di sci. In tutto quel marasma fatichiamo a trovare il cartello recante il nome del passo per le foto di rito. Le vespe ci raggiungono solo pochi minuti dopo. La soddisfazione è grande, soprattutto per loro, e noto stranamente che le vespe non appaiono affatto scarburate, fatta eccezione per il minimo più basso, cosa che peraltro riscontriamo pure sulle nostre moto ad iniezione. La discesa è decisamente meno esasperata, snodandosi con poche curve lungo la valle in direzione di Bormio. Anche qui, incredibilmente, Lele con la sua vespa gommata da pista, riesce a starci dietro in scioltezza. Superata anche Bormio, attacchiamo un altro osso duro, il passo di Gavia. Pur essendo leggermente più basso (2600 metri), scopriamo essere sensibilmente più impegnativo dello Stelvio: la strada è più stretta, mancano i guard rail, le curve sono strette e cieche, e l’asfalto è pure tutto sconnesso. Anche il paesaggio sembra più selvaggio, specialmente uscendo dal bosco verso la cima. Salendo, la salita si fa meno ripida e si snoda con poche curve tra le rocce, affianchiamo un piccolo laghetto che precede la cima del passo. Arrivati poi sulla cima, parcheggiamo le moto ed espletiamo qualche bisognino fisiologico dopo esserci arrampicati tra le rocce per essere fuori dalla vista.
Il tempo ora inizia a peggiorare decisamente, e verso la discesa dal passo il cielo è scurissimo. Prudentemente indossiamo le tute antipioggia ed iniziamo a scendere. Da questo lato la strada è possibilmente ancora più brutta della salita, soprattutto per i suoi tornantini senza alcun guard rail e per la sua larghezza da pista ciclabile. Se Lele non frena stavolta, pensavamo, finisce in volo fino a Ponte di Legno. La strada inizia a bagnarsi, ma la pioggia pare in allontanamento e quindi ormai siamo fuori pericolo. Giunti in paese, ci sono veri e propri rigagnoli sull’asfalto, fortunatamente l’abbiamo scampata bella. Dopo soli trenta secondi, arriva Lele, miracolosamente indenne, e poco dopo gli altri. Giunti fin qui, il passo del Tonale appare come una banalità, e ci fermiamo sulla cima per il pranzo. Qui conosciamo altri due avventurieri vespisti, e nel frattempo, girando e rigirando, il temporale ci ha raggiunti ed inizia a piovere a catinelle, ma noi siamo al coperto davanti a panini e piadine calde.
Dopo pranzo, passato il diluvio, scendiamo lungo la bellissima Val di Sole, che progressivamente si allarga e si popola. Svoltiamo quindi in direzione Madonna di Campiglio, che raggiungiamo dopo una dozzina di km di salita piuttosto trafficata.
Apparentemente pare enorme, con due accessi distinti alla città (nord e sud) separati da un tunnel, ma una volta parcheggiate le moto al garni ed esplorata a piedi, si rivela poco più di un paesino, anche se ricco di negozietti molto in come vuole essere una località da VIP. E da veri VIP anche noi ci concediamo l’aperitivo nella piazzetta centrale. Purtroppo però poi dobbiamo battere in ritirata perché la maledetta pioggia sta raggiungendoci anche qui. La cena, in una steak house convenzionata vicino al nostro garni, è stata la migliore di tutto il giro: cibi ottimi, personale gentile e prezzi non esagerati. Anche il Rada è stato quasi soddisfatto, ed ormai inizia ad entrare nello spirito del gruppo dopo che in questi giorni gli abbiamo stravolto le abitudini di vita ed alimentari.

Giorno 6
Malinconica tappa di trasferimento verso casa. Una proposta caldeggiata prima della partenza prevedeva la discesa dalla parte di Riva del Garda per poi percorrere tutta la costa del lago prima di rientrare, ma sarebbe diventata davvero troppo lunga e poi ci attendeva un lauto pranzo dai parenti di Pippo a Borgo Valsugana. Lasciata quindi Madonna di Campiglio, è stata una lunga e lenta discesa lungo le vallate fino a Trento, passando per Tione e le terme di Comano. Da qui abbiamo imboccato la Val Sugana verso il punto previsto per il pranzo (raggiunto col mio navigatore). Abbiamo mangiato come lupi e l’idea di ripartire ci disturbava, avremo preferito schiacciare un bel pisolino.
Alla fine però, dopo un breve riposo, siamo ripartiti, sbucando nel giro di beve a Bassano del Grappa e lasciandoci definitivamente alle spalle le montagne. Gli ultimi 40 km che ancora ci separavano da Padova sono stati, almeno per me, i più monotoni e pesanti, forse perché iniziavo a sentire la tristezza per questa avventura che stava volgendo al termine. Giunti nei pressi di Padova, il gruppo inizia a disgregarsi. Per me è giunto il momento di staccarmi e dirigermi verso casa, quindi saluto e ringrazio tutti fermandomi sul lato della tangenziale. Il Rada poi dirigerà a Sant’Angelo di Piove di Sacco, da lui definita Los Angeles :), gli altri proseguiranno fino a Mira.
Sono stati davvero sei giorni indimenticabili, in cui abbiamo visto paesaggi e luoghi stupendi in compagnia delle nostre inseparabili cavalcature a due ruote. Ma la tristezza del ricordo è di breve durata, perché la sosta a casa è appena quanto basta a lasciar giù i bagagli, farsi la doccia e ripartire: è pur sempre sabato sera, e ritrovarci per una serata in compagnia è il modo migliore per concludere quest’indimenticabile avventura.
Andrea "Murdoch"

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravo Andrea!Divertente descrizione del viaggio......
Pensa se avevo la canzone "free way"in cuffia durante le discese del Passo dello Stelvio e Gavia.....gasamento totale :-))))
ah mi avete appioppato un anno in più cancari!!!!
Ci si vede presto....

Daniele